Tutto inizia con gli
scrutini di giugno, dove è esplosa la fantasia tipica della scuola italiana. Da
una realtà molto critica emersa solo un mese prima, si sono impastati i numeri
con un occhio chiuso e l’altro pure. La lievitazione dei 4 o 5 in 6 non
richiede tempo, bisogna fare in fretta poiché ci sono altre classi da
scrutinare. La parola chiave è "AIUTARE" (sic!). La coscienza è
tranquilla, nessun ricorso all’orizzonte, tutto è bastante a rincuorare
genitori e alunni, liberi di fare le programmate vacanze e, per i pochi debiti
rimasti, ci si può preoccupare due o tre giorni prima del “temibile” esame di
“recupero”. Come a giugno, così è accaduto a settembre. A
scuola si danno i numeri vincenti. Di colpo sono stati ripuliti i risultati
negativi degli esami di recupero e nascosto verità che sempre più ci sfugge.
L’indecenza ha superato il mio grado di tollerabilità anche perché, per votare
la promozione, sono stati inseriti tre docenti non della classe. Si doveva
salvare ancora una volta il “numero” che in questo caso si chiama “legale” 10
discipline = 10 docenti, non importa se quei tre “angeli” non conoscevano gli
alunni. Che pacchia per gli studenti che si sono trovati la promozione dopo il
lungo e meritato riposo. Sempre più l'insegnamento non coinvolge gli studenti
in apprendimenti che richiedono abilità e conoscenze utili nei contesti reali.
Va bene acquisire qualche nozione mnemonica, masticata alla fine del percorso.
Il premio è quanto basta a non bocciare; ciò che conta è il voto. M’invitano a non prendermela, a non arrabbiarmi. “Cosa ci puoi fare?
E’ sempre stato così”. Parole non sufficienti a frenare l’irritazione, troppo
sconvolta perché trattenga, anche se poi mi ha seccato il non averlo fatto.
Dovevo farmi sentire. Non ci sto, non riesco ad accettare promozioni a chi non
se lo merita in nome del mercato e svalutando il processo educativo Oggi più di
ieri non ci sto di fronte a quella fiumana di bambini e adolescenti costretti ad
affrontare lunghe marce in cerca di un luogo dove poter vivere, mentre ai
nostri “protetti” è venuta meno ogni sfida.
Questi
adolescenti, oggi più di ieri, hanno bisogno di aiuto e lo dobbiamo dare se
vogliamo che diventino “adulti” e non solo “grandi”. E in questo mi affido al
vero ruolo dei genitori e degli insegnanti, entrambi influenti
sull'educazione e che spesso non sono capaci di incontrarsi per un’alleanza educativa. I primi perché troppo protettivi e prepotenti, i secondi per il
timore del fantasma minaccioso del ricorso e per il numero d’iscritti che
permettono agevolazioni finanziarie o il mantenimento del posto. I
nostri studenti hanno ricevuto false informazioni riversando la loro inerzia
nei recuperi finali di giugno e settembre. Per abitudine acquisita, si sono
impigriti, abituandosi a passare il tempo nel loro mondo digitale, rendendo
così vana l’acquisizione di conoscenze e la loro rielaborazione. Non esiste il
diritto alla promozione e della pedagogia compiacente non so che farmene. La
bocciatura non è una “punizione”, può essere costruttiva e più educativa che
andare avanti senza le basi necessarie, soprattutto se si seguono certi
indirizzi professionali. Ma ormai si sa che il bocciato fa sempre ricorso e
sono guai non per chi ha mai fatto un tubo, ma per gli insegnanti che si vedono
piombare gli ispettori che esaminano e mortificano. E così neghiamo a loro il
vero ruolo di studenti che non solo richiede un po’ di sacrifici, ma
soprattutto impegno, partecipazione, responsabilità e rispetto delle regole. A
prescindere dal voto, non possiamo dare a un adolescente una “valutazione”
scolastica ingannevole, i rischi non sono pochi e la realtà quotidiana offre
testimonianze di persone ignoranti che ci governano o amministrano
nell’illegalità e nel pressapochismo. I nostri adolescenti hanno perso la
coscienza sui misteri della vita e non per loro sola colpa. Senza lo spirito
dell’indagine vanifica la loro presenza. Non si chiedono più chi sono, cosa
significa essere studenti, figli, lavoratori, migranti …. Non si pongono più
domande e, quindi, non ci sono più quelle riflessioni che portano ad altri
interrogativi per poi lasciarli filtrare, maturare e crescere. In questa
eccessiva”protezione” non sono più disposti a faticare ed ecco i risultati.
Un buon
educatore rende l’alunno più sicuro, più allenato e più efficace anche nei suoi
momenti critici, poiché lo guida a fare esperienza, a sentire nella pelle i
cambiamenti e quindi a evolversi.
Con questo
scrutinio settembrino e le promozioni elargite anche da docenti sostitutivi non
della classe mi sono proprio rotta. Continuiamo pure a illuderli, poi saranno
loro a truffare. O forse no, non trufferanno, non più di quanto facciamo
noi adulti. Piuttosto si squaglieranno di fronte alla prima vera difficoltà che
la vita gli metterà davanti. Stiamo facendo crescere degli invertebrati! Troppe buone parole sono state spese e disperse nel vento. Qui la
controversia non è la selezione, ma un vituperio al valore dell’educazione.
Queste sono le risposte, ma non mi sento fallita, forse impotente contro i
meccanismi che si stanno istituendo, tanto da vergognarmi non come
insegnante, ma come educatrice. … ci saranno solo assuefazione
e sempre più apatia se le parole restano tali.
8 settembre 2015

Una delle più grandi sconfitte della mia vita, è proprio vedere che mi sono sottomessa al ricatto: promuovo ed alzo i voti perché così non ho noie e nessuno mi fa ricorso. Il preside non mi richiama, i genitori sono tacitati. La mia coscienza no. Mai. Alcuni mi dicono: hai fatto bene, tanto lo Stato vuole questo, così vai al mare tranquilla". Io, invece, ci vado, ma tormentata. Io ho ceduto al ricatto, e devo dirmelo. I miei antenati: guerrieri con Garibaldi, sul Piave, nella Resistenza...inorridiranno. Ma io mi piego, ma non mi adeguo: guardo in faccia ciò che faccio. Beata la capacità degli altri che chiamano il cedere ai ricatti "avere la competenza di adeguarsi ai tempi".
RispondiEliminaPer queste tue ragioni ho creato separazioni e distanze tra i colleghi che si sono uniformati a un unico modello che nulla ha di educativo. Resto nell’idea che la scuola deve, in primo luogo, trasformare non standardizzare. Questo purtroppo sta accadendo e così perdiamo il significato dell’arte d’insegnare e, di conseguenza, i giovani stanno perdendo l’arte d’imparare da tutto il movimento della vita.
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