mercoledì 23 gennaio 2013

I processi del cambiamento:una visione d’insieme che unisce natura e crescita interiore



Dalla letteratura antica a quella moderna possiamo trovare una serie di infiniti casi, dove natura e uomo s’intrecciano. A volte l’analogia è dolente, le piante appassiscono sì, ma poi, all’inizio del nuovo anno, rifioriscono. Per l’uomo, invece, non esiste una nuova nascita, ma solo un riposo infinito. Altri scritti mettono in risalto la sua debolezza, altri confrontano la sua vita con la nascita e la morte, ma sempre l'uomo è considerato unico nella sua individualità.

Il paragone più usato è la caducità degli umani e delle foglie, lo troviamo in Omero, nell’Iliade o nei Lirici greci:

“Noi siamo come foglie, che la bella stagione di primavera genera, quando del sole ai raggi crescono:
brevi istanti, come foglie, godiamo di giovinezza il fiore, né dagli dei sappiamo  il bene e il male.
Intorno stanno le nere dee: reca l’una la sorte della triste vecchiezza, l’altra di morte.
Tanto dura di giovinezza  il frutto quanto in terra spande la luce il sole”.
(Lirici greci)
 
Anche in William Shakespeare quando si rivolge "all'impietoso tempo" che porta via la bellezza. Shakespeare usa immagini tratte dal mondo naturale come quella del sole che lascia il posto alla notte, della viola che appassisce o dell’erba verde che in estate ingiallisce. E così nel Boccaccio, in Petrarca, in Tasso, in Leopardi, in Carducci e così via.
  
Abbiamo un rapporto di continuità con la natura, si vive di natura, ma non siamo i suoi creatori. Anche la natura diventa nemica e opposta quando noi la utilizziamo per soddisfare i nostri bisogni individuali.

 “Da dove deve partire l’opera di guarigione, dall’individuo, dalla società o dall’ambiente?” 

Molti maestri e grandi pensatori ci ricordano che, se vogliamo essere felici o stare bene non possiamo curarci separando le malattie del corpo da quelle dell’anima o della psiche.
Oggi molte teorie, affascinanti e comprovate, integrano una nuova visione dell'uomo testimoniando come la nostra identità è speciale; il nostro corpo non è più scisso dalla mente, e corpo e mente non sono separati dallo spirito.
Cito due esempi di validi pensatori che, attraverso metafore ed esperienze, agevolano la comprensione di come, la nostra esistenza, è correlata con tutti i fenomeni naturali che ci circondano e altresì aiutano a riflettere su quanto sia importante la salute individuale come punto di partenza per il ben-essere collettivo. È solo partendo da noi stessi che possiamo realizzare consapevolezza e fare qualcosa di concreto per lo stato di salute del mondo, perchè tutto è interconnesso, ciò che accade in un luogo si ripercuote istantaneamente su tutto ciò che esiste.

 
Nel suo ultimo libro “Un modo di essere”, (A Way of Being- Martinelli, Firenze 1983) Carl Rogers scrive:
 Ricordo che nella mia fanciullezza lo sgabuzzino in cui immagazzinavamo la riserva di patate per l’inverno si trovava in  un seminterrato, due o tre metri al di sotto di una finestrella. Le condizioni erano sfavorevoli, ma le patate cominciavano lo stesso a germogliare. Erano dei germogli pallidi, molto diversi da quelli verdi e sani che spuntano quando le patate sono seminate in primavera. E tuttavia questi germogli, sottili e tristi, crescevano fino a raggiungere quasi un metro di lunghezza, nel tentativo di raggiungere la luce lontana della finestrella. Questi germogli erano,  nella loro crescita bizzarra e futile, una sorta di espressione disperata dello“ slancio vitale”. Essi non sarebbero mai diventati piante, non sarebbero mai maturati, mai avrebbero realizzato il loro potenziale reale. Tuttavia essi tentavano di realizzarlo anche nelle circostanze peggiori. La vita, anche se non le era possibile fiorire, non rinunciava a se stessa". 
 
Rogers ci comunica che anche le persone che si trovano in condizioni esistenziali particolari, lottano verso la crescita, verso il divenire e che ogni azione è un tentativo “della vita di diventare se stessa” .

Lo stesso Rogers così si esprime nel libro "La terapia centrata sul cliente"
 


Anche Thich Nhat Hanh ci riporta spesso alla natura. La filosofia buddhista c’insegna che nulla esiste come identità isolata perché ogni cosa dipende da tutte le altre ed è connessa a loro. Quando esercitiamo un controllo eccessivo sulla natura di conseguenza, degenera nell’insieme anche la natura umana. Così i troppi diserbanti o pesticidi uccidono indiscriminatamente molti esseri viventi come uccelli e insetti alterando l’equilibrio ecologico che, a sua volta si ripercuote sull’essere umano. T. N. H nel suo libro "L'unico mondo che abbiamo" sostiene che fra i tre ambiti (individuo società e ambiente) è in quello individuale che si comincia a realizzare il cambiamento, ma la persona ha bisogno di un ambiente favorevole, dobbiamo cambiare noi stessi se vogliamo migliorare l’ambiente: un cambiamento non può compiersi senza l’altro. Oggi, quasi tutti quelli che si rivolgono alla psicoterapia sono vittime della vita moderna. L’avvelenamento del nostro ecosistema, la tensione della fretta, la violenza sul territorio, la solitudine, i rumori sono tutti generati dal ritmo della nostra crescita economica. Tutto questo è fonte di malattia mentale poiché porta alla paura, all’ansia e all’egoismo.
“Mettere la salute mentale al primo posto fra le priorità significa che dobbiamo prenderci cura della nostra umanità personale e così agire per prevenire che altri si ammalino a loro volta”. 
Attraverso la meditazione, la persona può ritrovare equilibrio e arrivare a comprendere come ogni cosa si trasforma. Accettare l’impermanenza non è facile a nessuno. Thich suggerisce questa pratica:



“Inspirando, osservo a fondo l’oggetto, espirando, osservo la natura impermalente di quest’oggetto". Può essere un fiore, una foglia o un essere umano; osservandolo in profondità possiamo vederne il cambiamento che avviene in ogni istante”… “Impermanenza significa anche interdipendenza … un fiore riceve di continuo elementi estranei di “non-fiore”, quali l’acqua, l’aria e la luce solare, e continua a restituire qualcosa all’ambiente. Anche una persona è un flusso di cambiamenti, in ogni istante c’è qualcosa che entra e qualcosa che esce”.

Queste sono le chiavi che Buddha ci consegna per aiutarci a non soffrire, solo quando comprenderemo questo, allora non avrà importanza se invecchiamo, se siamo scoraggiati, se il partner ci lascia o se un oggetto prezioso si rompe. Ogni cosa che esiste (un bene, un’emozione, una persona familiare, ecc) non è inestinguibile, non è immortale n’è senza tempo; se lottiamo contro la natura dell’impermanenza, non saremo felici, sorgeranno paura, ansia e malattie. Attraverso la pratica della meditazione è possibile accettare la natura delle cose.
Ogni cosa che cambia si evolve di continuo, così le nostre sofferenze di oggi non sono quelle del passato. Attraverso la consapevolezza, l’uomo riconosce la sua fragilità e così può affidarsi alle cose semplici che lo conducono a riconciliarsi alla natura e alle sue meravigliose risorse.
Siamo ancora troppo condizionati a stare nel recinto della mente che spesso non è facile vedere un’uscita, ma quando la troviamo, anche se per pochi secondi ... non si ritorna come prima. Molti di noi hanno bisogno di appoggiarsi agli altri per trovare stabilità, ma arriva per tutti il momento di decidere, ed è in quel sentire profondo che possiamo cambiare il percorso della nostra vita.



Non è semplice seguire la via del ritorno alla nostra mente. La mente è come una scimmia che dondola da un ramo all’altro. Non è facile acchiappare una scimmia. Sarebbe più facile spararle, ma l'obiettivo non è uccidere, minacciare o costringere la scimmia: lo scopo è sapere dove andrà in modo da restare insieme a lei.”

( T.N.H. L'arte del cammino e della pace, Mondadori)


“Ogni giorno
siamo immersi in un miracolo
ma non lo riconosciamo:
cielo azzurro, raggi di sole,
nuvole bianche, alberi in fiore,
occhi sorridenti di un bambino
i nostri stessi occhi.
Tutto è un miracolo.
La consapevolezza
ci libera dalla dimenticanza
e dalla distrazione
e allora viviamo pienamente
ogni attimo della nostra vita.”
(T.N.H.)

"Il nostro più sublime e difficile compito è far venire alla luce noi stessi"  (E. F romm)
 




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