domenica 13 ottobre 2013

Giustizia benevole


 
I morti non interrompono i flussi migratori. La legge non ferma il femminicidio. L’amnistia non risolve il problema delle carceri. Le bonarie parole non cambiano le coscienze. Nessuna politica migliora la realtà. Nulla completa, è la verità dell’oggi. Ci perdiamo in qualsiasi forma di attività che copre qualcosa, nascondendoci in nobili parole, ma tutto ci rende sempre più impotenti, sprovveduti, inconcludenti e insensibili. In questa incertezza, unica difficoltà è trovare cosa è giusto ora fare e, in questo, sono molto confusa, eppure me lo ripeto spesso che c’è la necessità di agire senza indugio. L’abitudine rende sterile ogni azione, poiché la sofferenza si estende. Dove sono i “Giusti” che com-prendono il problema umano e che possono, nel loro agire, con-tenerlo?

Lucrezia Intagliata: Comprendo il tuo pensiero...ma alla tua domanda, credo stia tra di noi persone comuni con la loro vita fatta di piccole cose...sembrerà banale ma mi piace vederla così.

Giancarlo Giovannini: Fino alla parola insensibili è tutto perfetto, chiaro e lucido, poi quando esprimi la necessità all'azione tutto si confonde. Forse è la necessità all'azione che confonde e, i giusti non li troverai, sono solo l'effimera espressione di un bisogno destinato a restare incompiuto …

Nicola Di Pippo: Le cose accadono perché sono state poste le cause del loro accadere, tutto sommato esse sono: pensieri, parole e azioni; nessuno pensa, parla e agisce per noi e indipendentemente da noi. Se cerchi il "Giusto", devi conoscere la "giustizia", dove risiede? e come si manifesta? da dove proviene? esiste un possessore di giustizia? o piuttosto un posseduto dalla giustizia? come pensa, parla e agisce un "Giusto"? come riconoscerlo?

 

 
 
Che tutto parta dal singolo non ho dubbi … e che dire sul “sapere” di chi è fuori di noi e che regge una “responsabilità allargata”? Si dice che la saggezza è sinonimo di sapere e, quando manca, la nostra esistenza sarebbe impraticabile; con la conoscenza abbiamo costruito grandi cose senza offrire ben-essere ma solo dipendenza. Tutto può essere es­senziale per la vita esteriore, tuttavia la comprensione della vita umana non cresce. Che i giusti in questo mondo non ci siano è disconoscere il bene, Borges lo esprime molto chiaramente.  Quando domina il diritto del più forte, chi pensa di sapere detta le regole della giustizia, ma il senso della giustizia è nel caos a tutti i livelli umani. Intendo quella virtù che restituisce agli altri ciò che è loro dovuto, nel senso di giustizia come dovere verso i bisognosi che ci stanno attorno e nell’intero mondo (vedi pensioni minime, vitalizi, casa, asilo politico …) e non solo prendere consapevolezza di cosa comporta divenire adulti rispetto al compimento del reato.
 
 

mercoledì 9 ottobre 2013

Dopo la pioggia....


 















 
 
Oggi è così, ed è in questo camminare sulla terra bagnata che penso a come possiamo essere felici. Le parole del contadino sono chiare e non rallegrano, non può raccogliere i frutti del suo lavoro, ..... mi parla del suo orto allagato e della sua rassegnazione. Dove va la ricerca? Cammino e mi sento impigliata in nuovi problemi, un attimo prima ero felice di trascorrere il pomeriggio a camminare sulla terra bagnata. Attraverso le cose questa felicità genera una divergenza. La bellezza della camminata diventa surrogato, io creo l’emozione felice ed è solo sensazione che fa nascere pensieri che qui esprimo con parole. Tutto è surrogato, la memoria vincola, inutile evitarla perché non libera. Ecco, la felicità non si trova nel pensiero, non sta nel desiderio, non ha un’identità. Se c’è solo sensazione, si perde a contatto con le cose che la negano, non posso agganciarla a una coscienza piacevole, può essere meraviglia, stupore, commozione ..... ma anche dubbio, coscienza, idea, vanto, paura. L’incognito mi lega alla mia indefinibile umanità.

A volte le cose ci colpiscono .. e  tutto ha un senso

sabato 5 ottobre 2013

Dove conduce il sogno della vita?


Ricordo che un tempo, chi lavorava la terra, sperava che i  figli vivessero in una città ricca di confort e che diventassero operai della Fiat, della Breda e quant’altro. Molti migrarono dal Sud al Nord e molti ci riuscirono. Ma furono in troppi a desiderare. Così si costruirono dormitori nelle periferie delle grandi città e nacque un nuovo sogno e venne il momento che l...e famiglie di operai ebbero l’ambizione di desiderare per i propri figli di diventare architetti, dottori, ingegneri, avvocati, insegnanti, notai, imprenditori, liberi professionisti. Per possedere una casa propria, una macchina, privilegi, vacanze oltre i confini, insomma uno “status sociale” degno di rispetto. Per tutto questo si fecero sacrifici immensi e dolorosi risparmi .... in molti ci riuscirono. Oggi cambia la speranza e chi ha raggiunto quegli apparenti privilegi, ha un sogno che abbiamo rinunciato solo pochi anni prima. Fantastica che i propri figli possano almeno essere operai, idraulici, manovali, meccanici, falegnami .... solo in pochi ci riescono. In molti trovano serie difficoltà tanto che, chi può, cerca di andare oltre i confini. Così, in questa nuova realtà, il precario cinquantenne ... e sono in molti... ha solo un sogno che suo figlio possa almeno diventare contadino.

Tutto si ripete, ma in forma sempre più drammatica.

E’ forse vero che la società debba esistere solo per dare all’essere umano prosperità e libertà?  Nessuna società offre la possibilità di rendere l’uomo libero. Tutti la costituiscono, la organizzano la guidano secondo i propri bisogni e i propri stati psicologici, ma essa ha creato nuovi conflitti annientando anche la nostra intimità. Non abbiamo trovato quell’equilibrio tra esterno e interno, tra uomo e cittadino. Non può prevalere il senso di appartenenza a un gruppo sociale quando si annichilisce o si sacrifica l'uomo.